Per caso ho incrociato i tuoi occhi sotto un albero di ulivo. L’ombra e il fresco non bastavano a spegnerne l’intenso colore. Ti ergevi dritta, con il volto fisso verso di me ma non potevi vedermi, ero un semplice passante. Mi hanno colpito le tue spalle larghe, degno alloggio per braccia snelle e tornite, le loro bianche carni sfiorate dal sole fioco che traversava i rami, la loro bizantina austerità, le dita lunghe che reggevano con leggerezza un calice di vino, vuoto, segno di passione verso le cose buone. Mi sei apparsa come Venere di Terra, nata dal suolo anziché dall’acqua del mare, albero tra gli alberi, vite tra le viti, Donna tra la fertile terra che dà la vita. Tra i capelli il rosso del fuoco, sostanza che plasma la materia di cui son fatte le cose potenti, tra gli zigomi e il naso gli indelebili segni primordiali del progetto divino di creazione, costellazioni che si espandono a dar forma all’Universo. Son passato di lì, ignaro di trovare sotto quelle fronde tanta forza, grazia e bellezza. Tu non potevi vedermi, non avresti potuto e non mi importa. Quello che mi importa è che io abbia visto te.
(foto di mariateresat)